API IN VIGNETO: CASA DOLCE CASA

API IN VIGNETO: PERCHÈ?

A partire da fine giugno 2021, la Guido Berlucchi ha adottato 50 arnie – ognuna di circa 30.000 api – posi- zionate nel vigneto Brolo sotto la fila dei gelsi.
La specie scelta è la Apis mellifera ligustica, nota anche come ape italiana perché la più diffusa in questa zona, particolarmente docile e laboriosa.

– Con la loro presenza, le api arricchiscono di biodiversità l’ecosistema del vigneto. Un ecosistema ricco di specie vegetali e animali diverse, ricco di vita, è un ecosistema più sano, che trova naturalmente il suo equilibrio con sempre meno intervento da parte dell’uomo. La viticoltura è una monocoltura: l’uomo interviene sul territorio coltivando la pianta della vite al fine produttivo. Introdurre nell’ecosistema vigne- to quanta più varietà possibile di flora e fauna riporta l’ecosistema in una situazione di naturale bilancia- mento. L’ape in particolare, con la sua funzione impollinatrice, assicura il proliferare delle specie vegetali, che a loro volta avranno funzione di:

  • Attrarre e ospitare nuovi insetti
  • Rendere il terreno più areato con le loro radici e agevolare l’espansione radicale della vite
  • Fungere da fertilizzante naturale per il vigneto, una volta terminato il loro ciclo vitale

– La nostra attività di produzione ha un impatto sul territorio, reintrodurre le api è un’azione che aiuta a riequilibrare l’ecosistema naturale e a restituire all’ambiente.

– L’ape è un insetto amico del vigneto, infatti non solo non va ad intaccare gli acini d’uva, ma in caso di rottura naturale di questi (per esempio dopo un evento di grandine o dopo un morso di vespa o altri insetti) il suo apparato boccale va a succhiare la fuoriuscita di mosto, lasciando il resto del grappolo intatto e asciutto, al riparo dall’attacco di muffe e funghi.

– Inoltre, l’ape raccoglie la propoli, dalle forti proprietà antisettiche e cicatrizzanti: recenti studi evidenzie- rebbero come la propoli distribuita sulle viti aiuti a contrastare i patogeni.

– Le api svolgono un ruolo importantissimo in natura: per succhiare il nettare dai fiori si sporcano del loro polline e spostandosi poi sul fiore successivo ne permettono l’impollinamento. Oltre l’80% delle piante selvatiche da fiore e oltre il 70% delle colture agrarie destinate all’alimentazione hanno bisogno degli insetti impollinatori come vettore per la riproduzione

“Non tutti sanno che dietro una ciliegia, un melone, una mela c’è il lavoro silenzioso e gratuito di un’ape”

CASA DOLCE CASA

Le arnie sono visibili dall’ingresso del vigneto, sono casette di colore giallo o azzurro: colori scelti perché i più facilmente identificabili dalle api.
Le api possono allontanarsi fino a 3km dalla loro arnia alla ricerca di fiori da cui prelevare il nettare; non sono aggressive e pungono solo per difendersi.

Ogni arnia contiene all’interno 8-10 telai: questi telai sono dei fogli lisci di cera su cui le api stesse costrui- ranno con la cera da loro prodotta i favi: raggruppamenti di celle a struttura perfettamente esagonale all’interno delle quali verranno poste le uova (nei favi di covata, nella parte inferiore dell’arnia) oppure il miele (nei favi di melario). Ogni arnia può produrre circa 20kg di miele all’anno.

LA VITA DELL’ALVEARE

Di norma in un alveare vivono una regina, unica femmina fertile, 20.000 – 100.000 operaie, femmine sterili destinate al mantenimento e alla difesa della colonia, e, tra aprile e luglio (in Europa), da 500 a 2000 maschi (fuchi) destinati esclusivamente alla riproduzione. Queste tre caste hanno conformazioni morfologiche diverse tra loro.

La regina: straordinariamente prolifica, ha il compito di deporre le uova ( fino a 2.000 – 3.000 al giorno) e di assicurare la coesione della colonia; è più grande delle operaie e dei fuchi e provvista di un pungiglione, che usa quasi esclusivamente per uccidere le regine rivali, sue sorelle. A differenza delle operaie, essa è priva dell’apparato per la raccolta del polline. La regina può vivere anche 4 o 5 anni.

La regina non lascia quasi mai l’arnia, i suoi feromoni attraggono e mantengono coesa la colonia. L’ape regina e l’ape operaia nascono da uova identiche, ma la larva della futura regina verrà alimentata in tutta la fase di sviluppo con pappa reale, a differenza della larva di ape operaia che ne avrà solo per tre giorni.

I maschi (fuchi) hanno soltanto il compito di fecondare le nuove regine; essi sono più grandi delle operaie ma più piccoli della regina; sono incapaci di succhiare il nettare dai fiori e privi dell’aculeo e dell’apparato di raccolta del polline. Nascono solo in primavera nel periodo dell’accoppiamento, da uova non fecondate.

Le operaie costituiscono una casta omogenea, che ripartisce le varie attività sociali secondo le classi di età, cui corrispondono cicli di sviluppo e di regressione di alcune ghiandole esocrine. La vita media di un’operaia è intorno ai 30 – 45 giorni; più lunga se l’ape nasce in autunno e perciò destinata allo svernamento.

Le operaie si rivelano capaci di prestazioni straordinarie, quali la possibilità di trasmettersi informazioni con una sorta di linguaggio simbolico. Esse svolgono, inoltre, compiti diversi in ordinata successione dei ruoli a seconda dell’età. Il primo compito della giovane operaia che sfarfalla dalla cella in cui si è sviluppa- ta, è quello di ripulire e levigare le celle di nuova costruzione o quelle che devono essere riutilizzate, nelle quali la regina, sebbene fecondata una sola volta nella vita, depone incessantemente le uova. Poi, diventa- ta capace di produrre la “pappa reale”, l’ape operaia passa ad alimentare le larve. Allo scadere della secon- da settimana, non producendo più alimento, bensì cera, passa a costruire favi. Quindi passa all’esterno dell’alveare, prima per la sola difesa, poi per l’importante compito di bottinatrice, ossia di raccoglitrice di nettare, polline, propoli e acqua. In questa veste, essa è in grado di trasmettere precise informazioni alle compagne sulla esatta ubicazione di una sorgente di cibo, anche molto distante (fino ad un massimo stimato in 3 chilometri), comunicando dati sui rapporti di posizione tra campo fiorito, alveare e sole.

La sua abilità di percepire luce polarizzata le consente di individuare la posizione del sole, anche se questo è coperto da nubi, purché sia visibile un’area di cielo sereno. Alla fine di poco più di un mese riprende mansioni casalinghe (ventilazione e riscaldamento del nido, sua pulizia e difesa, etc.), fino a che, sentendo vicina la fine, si allontana dalla comunità e muore lontano da essa per non contaminare l’alveare.

CICLO VITALE

La regina si accoppia una sola volta in vita: compie in primavera a 5-6 giorni dallo sfarfallamento il volo nuziale (in cui si accoppierà coi fuchi) e, dopo pochi giorni, comincia a deporre le uova in numero maggiore in primavera ed estate e nelle giornate più calde.
Le uova vengono deposte dalla regina, una per cella.

Per due giorni tutte le larve vengono alimentate con la pappa reale, dopodiché le larve dei fuchi e delle operaie ricevono principalmente miele e polline, mentre le larve delle regine continuano ad essere nutrite con pappa reale.
Ciascuna larva, accrescendosi, subisce 5 mute; quindi la sua cella viene chiusa con un opercolo di cera, e la larva racchiusa all’interno si tesse un sottile bozzolo nel quale si impupa. La pupa subisce una metamorfosi completa, ed infine taglia l’opercolo della cella con le proprie mandibole per sfarfallare come giovane ape. Il tempo di sviluppo per ciascuna casta è diverso.

La regina abitualmente feconda tutte le uova, in modo che da esse nascano solo operaie. Solo in primavera non ne feconda un certo numero, in modo che nascano i maschi; questi sono destinati a vivere solo fino al giorno dell’accoppiamento. Nello stesso periodo la regina depone, nelle celle reali (più grandi), anche le uova destinate a formare altre regine.

Con la deposizione delle uova aploidi (non fecondate, che diventeranno fuchi) e di quelle diploidi nelle celle reali, la regina indica alle operaie che è prossimo il momento in cui una parte della popolazione dell’alveare deve essere pronta alla sciamatura, ovvero la fondazione di una nuova colonia, ed indica alle operaie che restano che ci saranno presto larve da nutrire.

La vecchia regina cessa di produrre uova e, quando stanno per schiudersi le celle reali, cominciano anche i preparativi per la sciamatura; le api che sciameranno si caricano del miele occorrente per 5 o 6 giorni: questa scorta è indispensabile per sostenere la iperalimentazione per la prima produzione di cera, in quanto le ghiandole ceripare si riattivano al fine di consentire l’inizio della costruzione dei nuovi favi. Le api in sciamatura prendono con sé anche una certa quantità di propoli. Infine la vecchia regina raduna una parte del suo popolo e va a fondare un altro alveare.

I PRODOTTI DELL’ALVEARE

Miele: “Il miele è la sostanza dolce naturale che le api (Apis mellifera) producono dal nettare di piante o dalle secrezioni provenienti da parti vive di piante o dalle sostanze secrete da insetti succhiatori che si trovano su parti vive di piante che esse bottinano, trasformano combinandole con sostanze specifiche proprie, depositano, disidratano, immagazzinano e lasciano maturare nei favi dell’alveare”. Un’arnia può produrne fino a 20kg l’anno.

Il miele viene immagazzinato dalle api nella parte superiore dell’arnia; la smielatura consiste nell’estrarre dall’arnia i telai da melario, rimuovere lo strato di cera che sigilla le cellette e inserire questi favi pieni di miele in una centrifuga, che separerà il miele dalla cera.
Durante questa operazione, viene utilizzato del fumo per far rimanere le api all’interno dell’arnia: il fumo viene infatti interpretato come un segnale di incendio nelle vicinanze e la reazione della colonia è quella di ritirarsi nell’arnia.

Il miele viene utilizzato dalle api come nutrimento, ma viene prodotto in abbondanza: solo prima del periodo invernale è necessario lasciarne una piccola parte come riserva alimentare per l’alveare prima della dormienza invernale.
Il miele può essere monoflorale o millefiori: per la produzione del miele monoflorale, l’arnia va posizio- nata nella prossimità della specie scelta (es: castagno, acacia, ecc..) con i telai da melario vuoti all’inizio della fioritura. Al termine del periodo di fioritura i telai vanno smielati, prima che le api inizino ad imma- gazzinarvi il miele ottenuto dalle fioriture successive.

Pappa Reale: La pappa reale è una secrezione prodotta dalle api operaie e viene utilizzata dalle api come nutrimento per tutte le larve (fino a tre giorni di età) e per l’ape regina (per tutta la vita).
Le api producono questa sostanza con miele e polline, mischiandola con un po’ della loro saliva Costituisce, nell’ambito dell’apicoltura, uno dei prodotti più pregiati delle arnie.

Un alveare può produrre, nei cinque/sei mesi della stagione estiva, circa 500 g di prodotto che, essendo facilmente deperibile, deve immediatamente essere messo in un contenitore freddo e a bassa umidità.
È un alimento nutrizionalmente molto ricco. La pappa reale fresca di qualità si mostra particolarmente nutriente e benefica in casi di malnutrizione, oppure nei bambini con scarso appetito.

Polline: il polline viene prodotto dai fiori per la riproduzione delle piante. Andando a succhiare il nettare all’interno del fiore, il corpo dell’ape si ricopre di polline, che verrà poi rilasciato sul fiore successivo. All’ingresso dell’arnia, vengono poste delle spazzole che ripuliscono il corpo dell’ape dal polline prima del suo ingresso nell’arnia: fino a 1kg di polline al giorno può essere raccolto in questo modo! Questo polline può essere una fonte preziosa di dati: dalle analisi sulla biodiversità nel tempo fino al contenuto di inquinanti e quindi alla qualità dell’aria.

Propoli: La propoli è una sostanza resinosa che le api raccolgono dalle gemme e dalla corteccia delle piante.
Viene utilizzata dalle api, insieme alla cera, come materiale di costruzione. La propoli ha numerose proprietà benefiche per la salute dell’uomo e non solo.

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